mercoledì 10 aprile 2013

L'amore ai tempi del duce



Quattro stelle per un giallo sono un po’ troppe , ma le merita tutte. Ero passata indifferente davanti al banchetto un po’ defilato dei gialli, ché all’Einaudi della mia città non è come al supermercato Feltrinelli che per trovare un libro devi chiedere alla commessa dopo esserti fatta largo tra migliaia di titoloni esposti dalla soglia alle casse! Dicevo che ero passata indifferente davanti al banchetto. Poi lo vidi e il libraio mi disse che tutti ne dicevano bene. L’ho preso perché avevo bisogno di una pausa e del libraio, mi fido.
Subito mi è piaciuto. Scrittura non raffazzonata, alla Montalban per intenderci.
Un commissario che ha “le visioni” e che come tanti che sentono le voci svolgono il loro mestiere, Maupassant insegna, e che soprattutto ha un amore fatto di sguardi in cui lei sa che lui sa che lei sa. O forse no. Un tipo di amore che ho incrociato di “sgricio” negli anni cinquanta nella mia terra arcaica, che gli anni trenta erano l’avvenire. E se potrebbe sembrare contronatura, per come lo scrive De Giovanni quell’amore non lo era, anzi era talmente poetico che per un attimo ho tremato quando iI nostro commissario Ricciardi sembrava capitolasse davanti la malia della bella vedova, tradendo la sua fedele Enrica. E all’amore poetico fa da contrappunto un amore melodrammatico, quell’amore che assieme alla fame è alla radice di ogni dolore. E che trasformerà un banale giallo in un bell’intrigo all’Agata Christie sullo sfondo di una Napoli ventosa e fredda, in piena primavera. 

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