tag:blogger.com,1999:blog-75371198165984931112024-03-13T19:42:07.243-07:00La donna che leggeMaria Francescahttp://www.blogger.com/profile/10633720215826324585noreply@blogger.comBlogger8125tag:blogger.com,1999:blog-7537119816598493111.post-24964575656117937652013-12-11T11:41:00.001-08:002013-12-11T11:41:47.890-08:00Palermo Cycling<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="270" src="//www.youtube.com/embed/8UwyrekHtWo" width="480"></iframe>Maria Francescahttp://www.blogger.com/profile/10633720215826324585noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7537119816598493111.post-87722869610258030262013-06-04T11:05:00.002-07:002013-06-04T11:07:32.847-07:00<a data-ved="0CAUQjRw" href="http://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&frm=1&source=images&cd=&cad=rja&docid=VffT1b-r4dHZWM&tbnid=T_z2ilpWSTerFM:&ved=0CAUQjRw&url=http%3A%2F%2Fwww.arteinsieme.net%2Frenzo%2Findex.php%3Fm%3D31%26det%3D7663&ei=0yuuUdWPFMbUPLvbgegI&bvm=bv.47244034,d.bGE&psig=AFQjCNGRaHAQaCaOgtGXTRR3jLsSQP4Eag&ust=1370455376049045" id="irc_mil" style="border: 0px currentColor;"><img src="http://www.arteinsieme.net/public/immagini/Gli%20zii%20di%20Sicilia.jpg" height="320" id="irc_mi" style="margin-top: 0px;" width="204" /></a><br />
<h4>
<span style="font-size: large;">La zia d'America</span></h4>
<div class="comment_full ">
<span style="font-size: large;">La prima costatazione. Non mi sono accorta che si trattasse di
quattro racconti, ma piuttosto di un romanzo cui era stato aggiunto un
mezzo romanzo “Antimonio”, per cui mi sono chiesta ridendo per tutto “La
zia d’America” dove Sciascia sarebbe andato a parare. Quale colpo di
teatro alla sua maniera avesse in serbo, dopo aver “sferruzzato” con
ironia sui difetti atavici della sicula gente. </span><br />
<span style="font-size: large;">La seconda
costatazione. L’averlo iniziato senza la matita per segnare, rimandando a
dopo il lavoro certosino che sono solita fare, è stato un affare. </span><br />
<span style="font-size: large;">Ho iniziato con Sciascia un colloquio, un andare su e giù per i ricordi,
i suoi di prima mano anche se affidati a un adolescente di qualche anno
più piccolo di lui; i miei di seconda mano, quelli della Sicilia in
mano alle truppe alleate attraverso i ricordi di mia madre. </span><br />
<span style="font-size: large;">Quell’Almerica di cui saremmo potuti diventare una stella ( e stella
evocava il meglio per noi poveretti), fino al sentirmi più americana che
italiana. E gli zii d’America… lo zio Turiddu, fratello di mia nonna,
la cui fotografia era sempre a portata di mano e chissà dove è andata a
finire; e le figlie di cui una, Ignazia, omonima di mia madre, che negli
anni cinquanta venne per davvero ma per una visitina, ché la sua
persona e il suo baule erano stati sequestrati dalle cugine figlie di
un’altra zia, per cui a noi rimasero risate grasse e benevole con
l’aggiunta di una pesante carezza sulla guanciotta e un frugarsi nelle
tasche del vestito sgargiante alla ricerca di un “cente” ( cent) mica un
dollaro, che non trovò . Anziché prendersela con lei, mia nonna e mia
madre litigarono con le cugine che si erano presi tutto loro. </span><br />
<span style="font-size: large;">Senza Sciascia non avrei mai ripescato queste memorie ma non posso
giurare che le riflessioni siano state quelle che credo, o millanto le
sue per le mie. Non avevo che quattro anni. Ma giuro che l’America,
allora, mi sembrava proprio l’America, zii o non zii. </span><br />
<span style="font-size: large;">E le mosche!
Quante mosche c’erano in quegli anni. Me lo chiedevo qualche giorno fa,
non ricordo a che proposito, forse perché ne vidi, sgomenta, una
scorrazzare per il soggiorno. Da dove venivano? La pompetta in rame con
il ddt era sempre a portata di mano. Si accostavano le persiane
lasciando un fil di luce verso cui sciamavano le mosche mezze accoppate.
</span><br />
<span style="font-size: large;">Hai voglia a raccontare ridendo quei tempi in cui molti di noi
vestivano come i figli dei boscaioli del Montana, visto che i mercatini
erano pieni di roba americana usata, e i parenti non erano generosi come
La zia d’America . Ma ritornare indietro nemmeno per scherzo! E
m’incazzo a morte con i fautori della decrescita felice come se tutti,
ma proprio tutti, passassero il tempo in fila negli ipermercati per
acquistare l’ennesimo ipod ( e non so se sto usando la parola giusta),
abbigliati come un albero di natale in cui, al posto dei nastrini,
stanno appese le etichette delle grandi firme! </span></div>
<a data-ved="0CAUQjRw" href="http://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&frm=1&source=images&cd=&cad=rja&docid=VffT1b-r4dHZWM&tbnid=T_z2ilpWSTerFM:&ved=0CAUQjRw&url=http%3A%2F%2Fwww.arteinsieme.net%2Frenzo%2Findex.php%3Fm%3D31%26det%3D7663&ei=0yuuUdWPFMbUPLvbgegI&bvm=bv.47244034,d.bGE&psig=AFQjCNGRaHAQaCaOgtGXTRR3jLsSQP4Eag&ust=1370455376049045" id="irc_mil" style="border: 0px currentColor;"></a>Maria Francescahttp://www.blogger.com/profile/10633720215826324585noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7537119816598493111.post-19751572731800785932013-05-01T13:17:00.001-07:002013-05-01T13:23:16.692-07:00Quousque tandem abutere mulieribus?<div class="user_review_container">
<h4>
<span style="font-size: large;"></span></h4>
<h4>
<a data-ved="0CAUQjRw" href="http://www.google.com/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&frm=1&source=images&cd=&cad=rja&docid=2T29UbYyd-WkuM&tbnid=wLGPQmpm7v7KaM:&ved=0CAUQjRw&url=http%3A%2F%2Fwww.sololibri.net%2FMedea-Christa-Wolf.html&ei=P3WBUcyHKcqLswaZ64DwDw&bvm=bv.45921128,d.bGE&psig=AFQjCNGHa7gdMwsz2bwkUqZ4m5NixKKckA&ust=1367525050724990" id="irc_mil" style="border: 0px none currentcolor; clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img src="http://www.sololibri.net/IMG/arton17065.jpg" height="313" id="irc_mi" style="margin-top: 40px;" width="200" /></a><span style="font-size: large;"><span style="font-weight: normal;"> </span></span></h4>
<h4>
<span style="font-size: large;"><span style="font-weight: normal;">Medea è ribelle perché grida se è arrabbiata e ride
forte se è allegra. </span></span></h4>
<h4>
<span style="font-size: large;"><span style="font-weight: normal;">Medea è selvaggia perché fa a modo suo. </span></span></h4>
<h4>
<span style="font-size: large;"><span style="font-weight: normal;">Medea è
sfrontata perché cammina a testa alta e lascia scoperti sulle spalle i
suoi ricci neri, non come le brave mogli di Corinto che li nascondono
agli occhi dei maschi che non siano i loro mariti. </span></span></h4>
<h4>
<span style="font-size: large;"><span style="font-weight: normal;">Medea è una strega perché non vive all’ombra di Giasone ma ha una
professione: cura gli ammalati. </span></span></h4>
<h4>
<span style="font-size: large;"><span style="font-weight: normal;">Medea è una barbara e a Corinto tutto ciò non è permesso alle
extracomunitarie. Medea è pericolosa perchè vuole sapere di che lacrime
grondi e di che sangue il potere di Creonte<span style="font-size: large;">.</span></span></span></h4>
<h4>
<span style="font-size: large;"><span style="font-weight: normal;"><span style="font-size: large;"> </span>
Medea deve essere punita ma i Corintii sono giusti e hanno bisogno di
prove, devono inventarsi altre prove, perché la prova delle prove non è
dicibile.
L’accusano di avere ucciso il suo stesso fratello, di avere ingannato il
padre per buttarsi tra le braccia di Giasone con cui vive more uxorio,
di avere scatenato la peste a Corinto, di essere stata complice delle
sue connazionali dell’evirazione dell’allievo astronomo Turone, un poco
di buono peraltro. </span></span></h4>
<h4>
<span style="font-size: large;"><span style="font-weight: normal;">Ma non bastava ai c<span style="font-size: large;">orinti.</span></span></span></h4>
<h4>
<span style="font-size: large;"><span style="font-weight: normal;"><span style="font-size: large;"> </span> </span></span></h4>
<h4>
<span style="font-size: large;"><span style="font-weight: normal;"> Per non dimenticare, secoli dopo, offrono trenta denari ad Euripde
perché la trasformi in figlicida. Il miscredente e sopraffino
teatrante, per beffarsi di loro, aggiunge l’escamotage di metterla sul
carro del sole a fare bay-bay a Corinto, assieme ai gemelli resuscitati.
Ma la frittata era fatta e per quante ragioni avesse avuto in vita, chi
sarebbe mai stato disposto a perdonarla per il misfatto o anche solo
per il dubbio?
Medea viene lasciata sola per duemilacinquecento anni ma Christa Wolf,
che ha patito sulla sua pelle le delazioni ordite dal potere maschile
nella nuova Germania riunificata in nome del valore dell’oro e non della
persona umana, ne riscrive il mito inseguendola di sito in sito in
cerca di notizie sulla sua figura prima dell’arrivo dell’intellettuale
Euripide. </span></span></h4>
<h4>
<span style="font-size: large;"><span style="font-weight: normal;">
E le “Voci” ci restituiscono la vera Medea, vera in quanto le sue
esperienze le abbiamo vissute e le viviamo noi donne, sulla nostra
pelle, sia che siamo autoctone sia che siamo barbare islamiche.
Ma il piccolo e sublime libro non è una lotta “maschi contro femmine” né
un peana nostalgico ad un idialliaco e pacifico mondo arcaico
matriarcale, peraltro forse mai esistito, che Medea bolla così:<i>"…Mi è rimasto un ribrezzo per quei tempi antichie per le forze che liberano in noi e che non sappiamo più padroneggiare</i>".
E’ impossibile ricomporre singoli frammenti del passato e applicarli
alla nuova realtà. Bisogna trovare vie nuove, quelle della relazione tra
maschi e femmine senza impuntarsi sulle diversità ma facendone
scaturire una nuova visione del mondo e un nuovo agire politico.
Non tutti i maschi sono infami e non tutte le femmine sono agnellini.
I primi possono essere crudeli e assetati di potere come Acamante,
Creonte o solo deboli come l’intellettuale Leuco o l’inetto Giasone, ma
anche buoni e amabili come il cretese Oìstros, lo scultore amante di
Medea. </span></span></h4>
<h4>
<span style="font-size: large;"><span style="font-weight: normal;">Le seconde non sempre sono vittime della violenza maschile, ma possono
scagliarsi contro il loro genere sottomettendosi al potere maschile per
interesse come Agameda, che non vuole essere una nullità, una barbara
emarginata ma godere di ciò che le donne di Corinto godono. O la povera
Glauce combattuta tra odio ed amore per Medea ma che preferisce la
rimozione e il suicidio piuttosto che stare dalla sua parte
affrontandone le conseguenze. E poi c’è tutto quel corteo di donne che
subisce e soccombe: come le due regine private dei figli dal cieco potere
dei mariti; Lissa che riempie la sua vita badando ai figli di Medea;
Aretusa la cretese costretta a nascondersi e a subire le attenzioni del
vecchio che l’ha salvata, rinunciando anche all’amore con Leuco; e
infine Circe, zia di Medea, che ha subito la stessa sua sorte. </span></span></h4>
<h4>
<span style="font-size: large;"><span style="font-weight: normal;"> Il punto non è, per la Wolf, di separare le donne dagli uomini, cosa
innaturale anche in epoca di fecondazione artificiale.
Il punto è fare incontrare questi esseri umani, uguali e diversi, per
sfidare insieme la solitudine dell’infinito mondo.
Ma tutto questo non è dietro l’angolo. </span></span></h4>
<h4>
<span style="font-size: large;"><span style="font-weight: normal;">Medea conclude:
<i> "E’ pensabile un mondo, un tempo, in cui io possa stare bene? Qui non c’è nessuno cui possa chiedere. E questa è la risposta."</i></span></span>
</h4>
</div>
Maria Francescahttp://www.blogger.com/profile/10633720215826324585noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7537119816598493111.post-52136206143917608832013-04-10T06:11:00.002-07:002013-05-01T13:29:39.412-07:00L'amore ai tempi del duce<div style="text-align: left;">
</div>
<div style="text-align: left;">
<img height="320" id="irc_mi" src="http://www.quicampania.it/immaginidacarta/degiovanni--ilsensodeldolore2.jpg" style="margin-top: 0px;" width="195" /><br />
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: large;">Quattro stelle per un giallo sono un po’ troppe , ma le merita tutte. Ero
passata indifferente davanti al banchetto un po’ defilato dei gialli, ché
all’Einaudi della mia città non è come al supermercato Feltrinelli che per
trovare un libro devi chiedere alla commessa dopo esserti fatta largo tra
migliaia di titoloni esposti dalla soglia alle casse! Dicevo che ero passata
indifferente davanti al banchetto. Poi lo vidi e il libraio mi disse che tutti
ne dicevano bene. L’ho preso perché avevo bisogno di una pausa e del libraio, mi
fido. </span></div>
</div>
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: large;">Subito mi è piaciuto. Scrittura non raffazzonata, alla Montalban per
intenderci. </span><br />
<span style="font-size: large;">Un commissario che ha “le visioni” e che come tanti che sentono
le voci svolgono il loro mestiere, Maupassant insegna, e che soprattutto ha un
amore fatto di sguardi in cui lei sa che lui sa che lei sa. O forse no. Un tipo
di amore che ho incrociato di “sgricio” negli anni cinquanta nella mia terra
arcaica, che gli anni trenta erano l’avvenire. E se potrebbe sembrare
contronatura, per come lo scrive De Giovanni quell’amore non lo era, anzi era
talmente poetico che per un attimo ho tremato quando iI nostro commissario
Ricciardi sembrava capitolasse davanti la malia della bella vedova, tradendo la
sua fedele Enrica. E all’amore poetico fa da contrappunto un amore
melodrammatico, quell’amore che assieme alla fame è alla radice di ogni dolore.
E che trasformerà un banale giallo in un bell’intrigo all’Agata Christie sullo
sfondo di una Napoli ventosa e fredda, in piena primavera. </span></div>
Maria Francescahttp://www.blogger.com/profile/10633720215826324585noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7537119816598493111.post-11019443976947812022013-04-10T05:56:00.001-07:002013-06-04T11:08:31.593-07:00E POI, PAULETTE<a data-ved="0CAUQjRw" href="http://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&frm=1&source=images&cd=&cad=rja&docid=hfdBYISk9IW1tM&tbnid=qV9bgF5paAjFvM:&ved=0CAUQjRw&url=http%3A%2F%2Flalettricerampante.blogspot.com%2F2013%2F01%2Fe-poi-paulette-barbara-constantine_3.html&ei=uGBlUY-iOMmvOf_4gKAK&bvm=bv.44990110,d.ZGU&psig=AFQjCNHcg6U0oE6PrB8kbP4DQT12yUc8Ig&ust=1365684779785340" id="irc_mil" style="border: 0px currentColor;"><img src="http://3.bp.blogspot.com/-g0uKk8_pSC0/UOXMDin5nDI/AAAAAAAADRg/bKyl9G4r-qY/s200/e-poi-paulette.jpg" height="200" id="irc_mi" style="margin-top: 38px;" width="127" /></a><br />
<br />
<h4>
<span style="font-size: large;">Vietato ai minori di anni sessanta!</span></h4>
<span style="font-size: large;">Beh, mai che gli amici indovinino il libro da regalarti. E lo fanno con tanto
affetto, il regalo. Sanno per esperienza che presentarsi con una “frivolezza” mi
scatena quel sorrisetto di circostanza e un “non dovevi disturbarti tanto”,
molto peggiore del dire che cavolo mi hai portato. </span><br />
<span style="font-size: large;">E anche
stavolta…addirittura ispirato, il regalo, da una mia boutade alle undici di sera
sotto i pini e il frinire dei grilli: <i>”Ecco, quando saremo tutti in pensione
potremo venire ad abitare tutti qua.”</i> E per tutti intendevo sorelle e amiche
e i consorti superstiti, perché si sa che la vita media maschile è quello che è.
Avevo aggiunto una corte di badanti , governanti e giardinieri perché per il
manuale non ho nessuna attitudine. </span><br />
<span style="font-size: large;">E poiché mi faccio scrupolo a non leggere
i libri in regalo - ti possono sempre chiedere come ti è sembrato - ho
proseguito oltre le prime righe e mi sono lasciata prendere. </span><br />
<span style="font-size: large;">Non è il libro
della vita, che sono proprio pochini. Non è un libro da consigliare ma se ti
capita in mano merita di portarlo a termine. Non è un libro per tutti. E’ un
libro per vecchi. Una pubblicità progresso, diciamo. Un’idea raccontata alla
francese - da quando i grandi se ne sono andati - leggera, ottimista, così
melting pot, come se la vecchiaia azzerasse le differenze. </span><br />
<span style="font-size: large;">Una comune che
sostituisca il tristissimo ospizio o la solitudine vissuta accanto ad una
disamorata badante che ogni tanto ti molla uno scapaccione, quando non mira alla
pensione e ti impalma il vecchietto. </span><br />
<span style="font-size: large;">Comunque, perché sia realizzabile ha
bisogno d’indipendenza economica (anche una pensioncina), di una casetta in
campagna non proprio mignon, di figli e nipoti occupati, di un ministro del
welfare che non sia la Fornero con la sua fissa sulle pensioni. Diciamo che
l’idea di questi tempi è un’utopia. </span>Maria Francescahttp://www.blogger.com/profile/10633720215826324585noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7537119816598493111.post-17257553075247072462013-03-21T12:43:00.003-07:002013-04-16T07:49:43.096-07:00Una Questione Privata<br />
<br />
<h2>
</h2>
<br />
<h3 class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-xP-1Z-Cx4OE/UUthz_Vh4GI/AAAAAAAAAGI/fj6EXqcqUPg/s1600/UnaQuestionePrivata%5B1%5D.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="http://3.bp.blogspot.com/-xP-1Z-Cx4OE/UUthz_Vh4GI/AAAAAAAAAGI/fj6EXqcqUPg/s200/UnaQuestionePrivata%5B1%5D.jpg" width="128" /><div style="text-align: left;">
</div>
</a>Over the Rainbow </h3>
Calvino ( chissà come, ma Calvino c’entra sempre!) paragonò questo romanzo di
Fenoglio all’Orlando Furioso definendolo <i>”un romanzo di follia amorosa e
cavallereschi inseguimenti”</i>. Ma non solo. Lo definì anche l’unico
<b>“romanzo”</b> sulla resistenza, un intreccio romantico in cui quei venti mesi
fondamentali della nostra storia non sono né i protagonisti di una rievocazione
né fanno da sfondo alla tragica avventura di Milton, il partigiano, ma sono la
Storia collettiva che si incrocia con quella individuale e con cui interagisce
determinandone la traiettoria. <br />
Se Milton non fosse stato Milton la storia
sarebbe stata un’altra. Ma visto che lo smilzo e tetro Milton era quello che la
fantasia di Fenoglio ha partorito, la sua vita non poteva che prendere la
direzione che la Storia gli parava davanti. <br />
La Storia fatta di coincidenze,
le coincidenze proprie di quel contesto e non altre. In questo senso è un
romanzo realista. Milton è un partigiano e tra le colline di Alba si muove in
cerca della verità. <br />
Oh dio, ciò, per cui rischia la vita e mette in pericolo
quella degli altri è un amore adolescenziale, l’amore per una stronzetta di
sedici anni che gioca a fare la femme fatal, che mentre lo blandisce se la fa
con l’amico del cuore del povero (nel senso letterale del termine) ragazzino.
Loro sono belli e ricchi mentre lui <i>è alto, scarno, curvo di spalle e già a
ventidue anni con due forti pieghe amare ai lati della bocca</i>. Lui è solo un
anglofono, buono per tradurle i testi delle canzoni che lei ama. <br />
Ma lui non
capisce perché, si sa, che al cuore non si comanda. Iniziano nel bel mezzo della
resistenza quattro giorni di saliscendi al cardiopalma tra le colline fangose,
di appostamenti solitari, di incontri con altri partigiani, alla ricerca di un
ostaggio da scambiare con l’amico prigioniero dei repubblichini, amico che vuole
salvare per fargli la domanda fatidica: lei mi tradiva con te? Anche se la
domanda, nel testo, Fenoglio l’affida ai puntini sospensivi . <br />
Se Milton si
fosse mosso in un altro scenario, la sua azione non avrebbe avuto come
conseguenza la rappresaglia fascista e la morte di due ragazzini di quattordici
anni. <br />
Milton non lo sa, non è informato dal narratore delle conseguenze
delle sue folli azioni. Pertanto non è tecnicamente colpevole di questo ma lo è
per non aver previsto che il fallimento della sua impresa sarebbe stato non solo
la sua rovina ma anche quella dei compagni, di cui aveva al responsabilità.
Milton, però, come un eroe romantico e con in cuore un amore inconfessabile in
quei tragici momenti, in solitaria affronta i pericoli perché “<i>Non poteva più
vivere senza sapere, e, soprattutto, non poteva morire senza sapere</i>. Ma in
quelle circostanze eccezionali l’avventura non poteva che concludersi nel modo
più tragico. Maria Francescahttp://www.blogger.com/profile/10633720215826324585noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7537119816598493111.post-84672428500001886912013-03-21T07:34:00.001-07:002013-04-16T07:50:34.510-07:00Lucy in the sky with diamonds<h4>
</h4>
<h4>
<a data-ved="0CAUQjRw" href="http://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&frm=1&source=images&cd=&cad=rja&docid=4Ch5be59e3ENSM&tbnid=HQ-jRvAu9Ie74M:&ved=0CAUQjRw&url=http%3A%2F%2Fwww.amazon.it%2FLa-torre-Babele-Antonia-Byatt%2Fdp%2F8806174959&ei=y2ZlUf2zIYGyPPDKgdgH&bvm=bv.44990110,d.ZGU&psig=AFQjCNEyl_h59WxTFGXccqVg7D1GO_DB-g&ust=1365686315931513" id="irc_mil" style="border: 0px currentColor; clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img height="200" id="irc_mi" src="http://ecx.images-amazon.com/images/I/311JDIAf--L._SL500_AA300_.jpg" style="margin-top: 47px;" width="200" /></a>
</h4>
<h4>
</h4>
<br />
<div class="comment_full ">
Seicento pagine fitte fitte e stracolme di citazioni dotte, di filosofia del
linguaggio, di critica sociale e poi a pagina cinquecentcinquantasette, in mezzo
al colore degli anni sessanta nella Londra fotografata da Antonioni, compare
“Lucy in the sky with diamonds” che mi accompagna fin da un viaggio per le città
d’arte italiane a bordo di una 2CV arancio ( era la mia!), per arrivare a
domenica scorsa quando ho abbracciato la mia nipotina Lucia stonando le note del
suo ritornello, come sempre. <br />
Come Frederica, la protagonista, non ho
orecchio per la musica e un po’ banalmente i Beatles sono la mia colonna sonora
di quegli anni che furono brevi ma il cui “<i> ricordo sembrerà molto più lungo
di quanto sia in realtà”</i>. <br />
E quei favolosi anni sono i protagonisti di questo lungo romanzo di una
romantica donna inglese postmoderna, l’ Asten di “Ragione e sentimento” del XX
secolo. <br />
Protagonista è Frederica che lotta per l’emancipazione, cosa vecchia
per noi donne post sessantotto se Nigel non facesse al tiro con l’ascia con lei
e se il giudice del processo per il divorzio non la tormentasse sui particolari
della sua vita sessuale, prima, durante e dopo il matrimonio fino a mettere in
dubbio la sifilide contagiatale dal marito. Fino a reputarla una madre
anaffettiva, perché è una donna che legge. <br />
Se non fossero storie d’ogni
giorno, mi verrebbe da dire che la Byatt avesse scritto sotto la suggestione
della Medea della Wolf. <br />
E poi c’è Jude Mason, autore della <i>“Torre del
balbettio”</i> romanzo nel romanzo, e il processo intentatogli per l’oscenità
del contenuto del suo libro. <br />
Jude Mason esiste davvero ed è autore di
romanzi erotici, ma non so dire se quest’ultimo abbia scelto come pseudonimo il
personaggio della Torre di babele o la scrittrice abbia introdotto nel suo
romanzo un personaggio reale, come del resto ha chiamato a testimoniare in
favore dello stravagante scrittore, Anthony Burgess. <br />
E tutto si amalgama: la
lotta femminista e i suoi ostacoli insormontabili, il melodramma dello scrittore
maledetto, i fantasmi della mente dell’uomo sdoppiato ma reale. E sullo sfondo
le minigonne di Mary Quant,l’ LSD, la musica, il Vietnam e le lotte di
liberazione, tutto e subito. <br />
Sempre rigorosamente usando l’indicativo
presente che ha un effetto di presente storico dopo cinquant’anni. <br />
C’ è un
fiorire di Shakespeare, Blacke, Fourier, Sade, Kafka e tanti altri fino a
Lawrence, il cui processo per Lady Chatterly fa testo in quello intestato a
Mason. Perché questi sono la materia di cui è formata Frederica che vorrebbe
scrivere, ma legge tanto per riuscire a essere una buona critica di se stessa:
non ci si può liberare del proprio io nello scrivere, possibile solo se non si è
l’autore di ciò che si legge e se il linguaggio non fosse così limitato per
esprimere la verità di ognuno di noi. <br />
Una babele, il linguaggio, che la commissione scolastica ministeriale tenta
di dipanare con incerti risultati. <br />
E tra quelle rivoluzioni, vissute
consapevolmente, non potevano mancare la biologia molecolare allora agli albori
e che avrebbe cambiato la vita; l’arte,la musica e la religione vecchia e nuova
con il suo proliferare di comunità spirituali “dionisiache”. <br />
Un’epoca
sezionata e fatta quotidianità tra la compassata campagna inglese e
l’underground londinese. <br />
Un mondo che anche per me è scivolato
impercettibilmente dal passato prossimo a quello remoto e che dei tempi remoti
ha il gusto di favola. </div>
Maria Francescahttp://www.blogger.com/profile/10633720215826324585noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7537119816598493111.post-21527012324515146512013-03-21T00:38:00.000-07:002013-04-16T07:51:22.724-07:00Una Favola Nera<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><div align="left">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-QqZ5IwwxjI4/UUq3RB5ohBI/AAAAAAAAAEA/0cDalvbKYE8/s1600/La%2520macchia%2520umana_Roth.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="200" src="http://4.bp.blogspot.com/-QqZ5IwwxjI4/UUq3RB5ohBI/AAAAAAAAAEA/0cDalvbKYE8/s200/La%2520macchia%2520umana_Roth.jpg" width="120" /></a></div>
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Dicono che sia il migliore. Io dico che inaugura quella lunghissima serie di libri a seguito di Pastorale Americana, il suo migliore in assoluto e uno dei più belli della letteratura americana post bellica. Se il privato è pubblico, quello che vuole dire Roth in tutte le sue opere è che il pubblico è rovinosamente privato, totalizzante, distruttivo asfissiante. E, come in tutti i suoi libri, non si può prescindere dal disincrostare la trama dagli strati dell'intreccio: un riportare alla vita un'anfora attica ripescata in fondo al mediteraneo. <div align="justify">
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<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: Calibri;">C’era una volta in un grande reame un ragazzino di nome Coleman Brutus, dalla pelle bianca e dagli occhi verdi. In quel paese la gente veniva divisa secondo il colore della pelle, i bianchi da un lato e i neri dall’altro. I bianchi comandavano e i neri ubbidivano. Coleman Brutus era un nero con la pelle bianca. La sua gente lo guardava con compassione perché il suo candore era il segno della violenza subita da una sua trisavola dal padrone bianco. Era doppiamente sfortunato per loro, ma Brutus non la pensava così. Ogni volta che lontano dal suo quartiere veniva scambiato per bianco otteneva cose che il fratello nero poteva solo sognarsele. Perché allora combattere per una cosa che per lui, sebbene per lui solo, poteva essere così facile? Approfittò della guerra che il suo paese combatteva contro un altro dove un'altra razza di pelle bianca, però, era perseguitata, e si arruolò dicendo di essere bianco. Ritornato dalla guerra, lasciò la casa e il paese natio, e iniziò una vita da uomo bianco nella capitale del reame. Si innamorò di una bella ragazza e la presentò alla sua mamma. La ragazza, però, quando vide la famiglia nera lo lasciò. Brutus non si disperò, non la odiò ma dentro di sé le diede ragione. Perché affrontare una vita di tribolazioni e umiliazioni in nome dell’amore e magari della dignità, si disse. Lui sarebbe stato un bianco ed ebreo per giunta, per godere anche dei privilegi di quella razza a quei tempi nel loro reame . <o:p></o:p></span></div>
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<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: Calibri;">Trovato un buon posto d’insegnante, decise di sposare una ragazza dai grandi capelli ricci e neri. Andò di nuovo da mammà ma solo per dirle che lui da quel momento in poi sarebbe stato morto per lei, e lei per lui. Avrebbe avuto una altra madre e un’altra famiglia bianca e ebrea di cui parlare alla moglie e ai figli, se ne avesse avuti. E di figli ne vennero quattro, tutti fortunatamente bianchi. Era come se Brutus fosse andato incontro al suo destino e non il destino contro Brutus. La sua carriera andò a gonfie vele e per più di quarant’anni fu un rispettato uomo bianco. <o:p></o:p></span></div>
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<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: Calibri;">Ma un brutto giorno disse di due alunne nere che erano spook, fantasmi. Apriti cielo! Il povero Brutus, il nero bianco, venne accusato di essere razzista, di aver voluto dire non fantasmi ma negre! <o:p></o:p></span></div>
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<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: Calibri;">A nulla valse la sua accorata difesa. Avrebbe potuto dire di non poter essere razzista perché egli stesso nero. Ma lui aveva dimenticato di non essere bianco. La sua vita era la sua bugia. <o:p></o:p></span></div>
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<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: Calibri;">Tale fu il suo sdegno che si dimise accusando i suoi persecutori di essere anche gli assassini della moglie, da cui viveva separato in casa, colpita da ictus in quel frangente. Per sfidare il razzismo alla rovescia che si era instaurato nel frattempo nel reame e la sessuofobia dilagante che aveva fatto mettere sotto accusa il re per fellatio, allacciò una relazione con una ragazza di quaranta anni più giovane, sbandata, forse ex prostituta, che lavava i cessi nella scuola e mungeva le mucche in una comune. La ragazza aveva anche un ex marito, reduce da vent’anni dal Vietnam, molto disturbato, violento e gelosissimo di lei di cui conosceva l’intenzione di ucciderla assieme all’amante per poi uccidersi a sua volta, stanco di vivere con i fantasmi della giungla vietnamita. Ma le cose non andarano così. <o:p></o:p></span></div>
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<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: Calibri;">Quando Brutus venne trovato assieme alla bellissima ragazza dentro l’automobile in fondo allo stagno, si disse nel paese che il vecchio aveva abbordato a grande velocità una curva mentre l’amante gli praticava una fellatio. La cosa fu creduta da tutti e il povero, infelice, matto reduce, l’artefice dell’incidente, dovette rassegnarsi ad una vita di solitudine in uno spicchio di natura incontaminata di quel reame. Brutus morì, pertanto, senza che il suo segreto venisse svelato. <o:p></o:p></span></div>
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<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: Calibri;">Solo uno scrittore affetto da incontinenza urinaria e amico del vecchio Brutus non credette allo sconcio incidente. Decise perciò di scrivere la vera storia di Colemann Brutus. Ma come tutto ciò che viene raccontato nei libri fu destinato a non essere creduto e la vera vita di Brutus, la sua opera d’arte, poté sopravvivere almeno a quel fiume di parole, senza essere snaturata dalla superflua verità della finzione . <o:p></o:p></span></div>
</div>
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<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<o:p><span style="font-family: Calibri;"> </span></o:p></div>
</div>
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<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><div align="justify">
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Maria Francescahttp://www.blogger.com/profile/10633720215826324585noreply@blogger.com1